Guido Aristarco

Storia

Originario di Mantova, sebbene nato in Abruzzo nel 1918, Guido Aristarco collabora sin da giovanissimo con giornali locali e con varie riviste dei Gruppi universitari fascisti. Le testate che vedono maggiormente crescere il giovane critico cinematografico sono “La voce di Mantova” e “Il corriere padano” di Ferrara.
Dopo la guerra e la partecipazione alla resistenza, tra il 1945 e il 1948, lavora per la RAI come redattore di un radio giornale e titolare di una rubrica cinematografica e nel 1946 firma con Carlo Lizzani, Giuseppe De Santis e lo stesso regista, Aldo Vergano, la sceneggiatura de Il sole sorge ancora (1946), film prodotto dall’Associazione nazionale partigiani d’Italia (ANPI) e premiato alla Mostra del Cinema di Venezia. Due anni dopo, nel 1948, partecipa per la prima volta alla Mostra del Cinema di Venezia in qualità di membro della giuria, ruolo che ricoprirà nuovamente nel 1985, mentre nel 1963 parteciperà in quanto membro della giuria internazionale e nel 1964 e 1965 in qualità di membro della commissione di selezione delle opere.
Negli anni del neorealismo, Guido Aristarco si spende nel sostegno al cinema italiano, radicando il lavoro critico in solide fondamenta marxiste e lukacsiane, in particolare attraverso il lavoro svolto sulle pagine di “Cinema”. Con l’acuirsi della Guerra fredda e il radicalizzarsi del dibattito attorno al realismo, Guido Aristarco abbandona la redazione di “Cinema” per dedicarsi alla creazione di “Cinema Nuovo” (dicembre 1952), sulle cui pagine intende portare avanti la battaglia per il cinema impegnato. Significativo, in tal senso, il sostegno fornito al film Senso (1954) di Luchino Visconti, eretto a baluardo di una produzione nazionale chiamata a passare «dalla cronaca alla storia», contrapponendosi alle presunte involuzioni di Roberto Rossellini e Vittorio De Sica e al realismo di marca spiritualista di Federico Fellini.
Nel 1953 Guido Aristarco è vittima, insieme a Renzo Renzi, della vicenda giudiziaria conosciuta come «processo s’agapò». La rivista “Cinema Nuovo” aveva pubblicato un soggetto cinematografico di Renzo Renzi, intitolato “L’armata s’agapò”, incentrato sulle cupe vicende dei soldati italiani durante l’occupazione della Grecia nella Seconda Guerra Mondiale. I due, uno in quanto scrittore del soggetto, l’altro in quanto direttore della rivista che aveva pubblicato lo scritto, vengono denunciati per vilipendio delle forze armate, arrestati e portati nel carcere militare di Peschiera del Garda. Dopo quaranta giorni di reclusione vengono scarcerati, tuttavia, al termine del processo, il Tribunale militare di Milano li condanna entrambi ad alcuni mesi di reclusione, ma gli riconosce la sospensione condizionale della pena.

Impegnato, lungo tutta la sua carriera, in un lavoro di riflessione teorica e fautore dell’inserimento delle discipline cinematografiche nella scuola e nell’università, nel 1969 vince il primo concorso per la cattedra in “Storia e Critica del Cinema” e, dopo un primo incarico a Genova, nel 1970 si trasferisce all’Università di Torino. Nel 1983 viene chiamato da Giulio Carlo Argan a ricoprire la cattedra di “Storia e Critica del Cinema” presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma “La Sapienza”. Nel 1987 diventa socio corrispondente dell’Accademia nazionale dei Lincei, una delle istituzioni scientifiche italiane più prestigiose.
Autore di svariati volumi di teoria e critica del cinema, alcuni di questi firmati con la moglie Teresa Piccoli Giorgi, la sua opera più riconosciuta è Storia delle teoriche del film. Pubblicata per la prima volta nel 1951, poi più volte riedita e aggiornata (un’ultima edizione, cui Guido Aristarco ha lavorato negli ultimi anni di vita, è ancora inedita), oltre ad essere stata tradotta in molte lingue, è riconosciuta come il primo tentativo a livello internazionale di storicizzare la riflessione sul cinema.
Guido Aristarco, uno dei protagonisti della cultura cinematografica italiana e un nome noto in ambito internazionale, “una figura ingombrante, spesso avversata, capace di produrre forse più nemici che alleati in campo critico e cinematografico”, usando le parole di Giulio Tosi, muore a Roma nel settembre del 1996 e la rivista da lui fondata a diretta, “Cinema Nuovo”, nello stesso anno manda in stampa il suo ultimo numero.